Ventidue carte figurate, inventate in Italia nel tardo Trecento, basate su allegorie o “segni” che vengono interpretati quali auspici secondo le varie combinatorie configurali legate anche all’astrologia. La tradizione divinatoria risale alle scienze occulte di origine neoplatonica affermatesi in periodo ellenistico, che riappare negli apparati concettuali ottocenteschi e riconfermati nel Novecento. Un coacervo di sistemi che si avvaleva di un apparato dottrinale di livello tutt’altro che popolare, bensì espressione di elevata cultura e spiritualità. Tra gli studiosi moderni, soprattutto gli psicologi, ci si avvale di canoni interpretativi gnoseologici, si pensi al discorso di G. Jung sull’alchimia, i cui lineamenti sono per lo più riferiti alla tradizione dotta dei culti esoterici.
Per noi saranno ventidue figure che, fra maestri ed esordienti coinvolgeranno ventidue artisti i quali interpretano ciascuno un Arcano in tutta libertà espressiva.
La mostra ha esposto al pubblico per la prima volta opere inedite dell’artista milanese, realizzate con tecniche miste e collage coloratissimi e affascinanti.Dopo sessant’anni di storia, con gli apporti di Jean Foutrier e Jean Dubuffet, persiste l’esclusività di un lessico ancora in auge e Barlassina, saltando a piè-pari nell’Informale polimaterico, ne assume lo statuto icastico astratto, e non indulge alla minima tentazione figurale. Che di un lessico se ne faccia una lingua è la scommessa che si ripropone a ogni esordio poetico, fatto un lessico, si tratta di farlo parlare, per poi procedere a conferirgli uno statuto di omologazione estetica; la scelta creativa concerne l’etica, non solo perché quello della póiësis è il campo delle forme subliminali condivise, ma anche per il riconoscimento delle arbitrarietà elaborate fino al punto di accedere ai valori fondativi. Si può dire che Barlassina torna da dove era stata intellettualmente avvinta e culturalmente distolta.
"Beauty of Universe"
Personale di Enrico Del Rosso
Vernissage merc. 13 aprile - ore 18,30
Finissage 20 aprile - ore 18,30
presso Action Space di via londonio 22 milano
exfabricadellebambole
via dionigi bussola 6 - milano
Complementi d'arredo e coordinati da tavola
della serie "Mediterranea-Mente"
Finissage 21 aprile ore 18,30
Bricolage e memoria. La sua maniera di fare arte rappresenta un tentativo di scuotere la massa dall'assuefazione mediatica, prodotta dal bombardamento di icone effimere e falsi stereotipi.
Singolari oggetti e materiali insoliti, tecniche miste e inedite combinazioni tangibili, raccontano il fervore creativo di Andrea Taddei. E’ un universo
eterogeneo, popolato di nuove pitture e sovrapposizioni del collage, quell’unione di elementi che il celeberrimo Robert Rauschenberg amava definire “combing-paintings” viene ora impiegata da
Taddei per esprimere la sua legittima critica nei confronti di un’etica obliata, per denunciare la superficialità ideologica, nella quale si è surclassata la società
odierna.
Un nuovo rapporto tra immagine concreta e immagine dipinta s’instaura nell’itinerario artistico dell’Autore mantovano, che non si limita soltanto a
constatare i mali dell’età contemporanea, ma indaga a fondo le problematiche e i cambiamenti irreversibili di un’epoca, il secolo XXI. In tal modo, ne emerge tutta la drammaticità collettiva,
generata dal degrado politico, dalla soppressione della dimensione morale e spirituale della vita e da un colossale mutamento sociale, in cui regna sovrano il culto dell’immagine e del nudo,
lasciandosi dietro il vuoto tragico dell’esistenza.
Corpi svuotati di spessore psico-etico e soggetti triviali, segni indelebili della mercificazione del corpo femminile, vengono ricontestualizzati in
ambientazioni informali, dove il segno e il colore scalfiscono i supporti con grande impeto descrittivo. L’effetto pittorico pollockiano asseconda il messaggio di protesta che si erge in maniera
apocalittica, riproducendo idealmente e strutturalmente un bombardamento di immagini e stimoli sessuali, che raggiunge l’apice in “Red Shop”.
La sua maniera di fare arte rappresenta un tentativo di scuotere la massa dall’assuefazione mediatica, prodotta dal bombardamento di icone effimere e falsi
stereotipi. Non è un caso che, per il suo dissenso verso la “società dell’apparenza”, Andrea Taddei utilizzi materiali come silicone, plastica, ritagli di giornali, bambole e svariati oggetti
riciclati. La costruzione delle sue opere è radicata in un sistema caotico di accostamento materico, che non impedisce all’osservatore di penetrare il significato ribelle del suo esilarante
scenario creativo. (Sabrina Falzone)
Nove anni fa Emilio Tadini ci lasciava, lo dico senza frasi di circostanza perché il suo sarcasmo non ammetterebbe le circonlocuzioni retoriche di un epitaffio, anzi, credo che, con un’occhiata in tralice mi raccomanderebbe alla bontà dell’uditorio.
La sua presenza era e resta centrale nella cerchia del grande intrattenitore, il fraseggio veloce e lo humour erano i caratteri che tratteggiavano la sua dialettica e il registro vellutato della sua voce era il tratto distintivo dell’affabilità; lo spirito di Emilio era quello della progettualità, dalla galleria Solferino, anni Settanta, dove lo conobbi e scrisse la presentazione della mia mostra, all’Arsgallery anni Ottanta, dove concorse alla presentazione dei giovani artisti francesi (De Biasi, Degottex, Vila, Clareboudt, ecc), e a “I pittori del giudizio” (Valsesia 1992), fino alla Presidenza dell’Accademia di Brera, Emilio Tadini, pittore, scrittore e saggista, oltre ad essere fra i grandi milanesi che rappresentano l’Italia, è stato uno degli ultimi testimoni della sensatezza del fare cultura.